«Non da oggi – scriveva Secchia - la stampa è un potente strumento di cui si serve la classe dominante per mantenere la sua dittatura. Il grande capitale non domina solo con le banche, i monopoli, il potere finanziario, il tribunale e la polizia, ma con i mezzi quasi illimitati della sua propaganda e della corruzione ideologica [...] Vi fu un’epoca, agli inizi dell’età moderna, fino alle rivoluzioni del secolo XVIII in cui, come ebbe a scrivere Lenin, la lotta per la libertà di stampa ebbe la sua grandezza perché era la parola d’ordine della democrazia progressiva in lotta contro le monarchie assolute, il feudalesimo e la Chiesa. Ma nella fase di decadenza del capitalismo la stampa conservatrice e reazionaria ha perduto ogni senso morale e ogni pudore. Il giornalismo al servizio dei gruppi imperialisti è una forma corrente di prostituzione. Il capitalismo in putrefazione ha bisogno per reggersi di mentire continuamente. La realtà lo accusa: dunque dev’essere falsificata. La fabbrica della menzogna è diventata arte, tecnica, norma di vita»

No alla criminalizzazione della ricerca storica nella UE

Da tempo si stanno verificando casi per cui in alcuni Paesi membri dell'Unione Europea si tenta di criminalizzare le idee politiche, in particolare quelle che si ispirano al marxismo, equiparando nazismo e comunismo come approvato in una Risoluzione Parlamento europeo nel settembre del 2019, così da impedire la libera espressione e l'attività politica contro chi cerca di riportare la verità storica manipolata dalla propaganda anticomunista. Ricordiamo che i comunisti sono stati in prima fila nella lotta contro il nazifascismo e hanno dato il maggior tributo di sangue per riportare la libertà, la pace e la democrazia in quell'Europa che oggi così si comporta. Pertanto riteniamo fondamentale aderire al seguente appello ed esprimere la nostra solidarietà ai compagni dei Paesi in cui è in atto questa vera e propria persecuzione politica, la quale rischia di essere prima tollerata e poi imposta anche qui da noi. Ci rendiamo da subito disponibili a unirci con coloro che vorranno opporsi a questa deriva.

La Casa Rossa - Milano



Andrea Catone, direttore della rivista “MarxVentuno” - 17 gennaio 2023

La storia in tribunale. Il primo febbraio si svolgerà a Praga il processo contro Josef Skála e gli studiosi di Praga incriminati per aver sollevato dubbi sui responsabili del massacro di Katyn.

Il 31 ottobre 2022, Tomáš Hübner, giudice unico del Tribunale distrettuale di Praga 7, ha condannato a otto mesi di reclusione Josef Skála, noto intellettuale marxista, ex vicepresidente del Partito comunista di Boemia e Moravia (KSCM), insieme con Vladimír Kapal, e Juraj Václavík, tutti e tre incriminati, in base all’articolo 405 del Codice penale della Repubblica ceca, per aver messo in discussione la versione che attribuisce alla dirigenza sovietica il massacro di Katyn (l’uccisione di migliaia di prigionieri di guerra polacchi sul territorio dell’URSS, occupato dalla Wehrmacht nell’estate del 1941).

Due anni prima, il 2 luglio 2020, i tre avevano partecipato al forum di discussione pubblica – organizzato, su richiesta degli ascoltatori, da www.svobodne.radio.cz – sul massacro di Katyn, divenuto uno dei principali argomenti della crociata antisovietica e anticomunista delle forze politiche e sociali andate al potere nel 1989, la cui versione dei fatti scarica sui sovietici premeditazione ed esecuzione del crimine. Tale versione, sulla base dell’analisi dei documenti e delle prove disponibili fino al 2020, è contestata da ricercatori e studiosi di diversi Paesi, che l’hanno attribuita agli occupanti nazisti [1].

Nel forum del 2 luglio 2020 J. Skála ha sottolineato che l’obiettivo era quello di stimolare ulteriori discussioni senza alcuna affermazione dogmatica. Né lui né gli altri relatori hanno negato o messo in dubbio il massacro dei prigionieri polacchi, né tantomeno lo hanno avallato o giustificato in alcun modo. Sono entrati esclusivamente in un dibattito, che dura da oltre tre quarti di secolo, sull’attribuzione delle responsabilità. La loro colpa è quella di essersi opposti alla versione oggi spacciata come canone inviolabile, argomentando con riferimento a fonti e documenti, compresi quelli emersi dagli archivi nel periodo successivo al crollo dell’URSS. La trasmissione ha avuto molti commenti positivi e non ha sollevato polemiche.

Il 18 marzo 2022 – quasi due anni dopo – tutti e tre i partecipanti al forum sono stati convocati dal Comando nazionale per la lotta alla criminalità organizzata della Polizia della Repubblica Ceca per fornire spiegazioni. Era la fase iniziale del procedimento penale, che ha avuto il suo primo epilogo nella condanna a 8 mesi del 31 ottobre, alla quale hanno fatto opposizione.

IL PROCESSO SI SVOLGERÀ IL 1° FEBBRAIO 2023.

L’associazione PRAK (Contro la repressione e la criminalizzazione) mette in luce alcune “coincidenze” che rivelano l’uso politico strumentale dell’articolo 405 del codice penale ceco. Un mese prima dell’inizio del procedimento penale, Josef Skála aveva annunciato l’intenzione di candidarsi alle elezioni presidenziali. L’incriminazione lo ha ostacolato nella raccolta delle 50.000 firme necessarie alla presentazione della candidatura. Inoltre, egli è tra i militanti più attivi del movimento per la pace e contro la NATO, che ha partecipato alle massicce manifestazioni autunnali a Praga e in altri centri del Paese. Si ricorre al codice penale per colpire lui e il movimento politico d’opposizione di cui è parte attiva, per inibirgli l’agibilità politica.

Nel 2000, poco dopo l’ingresso ufficiale di Ungheria, Polonia e Repubblica ceca nella NATO (12 marzo 1999) venne approvata la Legge che introduceva nel codice penale del 1961 l’art. 261a, che accomuna crimini nazisti e comunisti:

Chiunque neghi, metta in dubbio [2], approvi o tenti di giustificare pubblicamente il genocidio nazista, comunista o di altro tipo o crimini nazisti, comunisti o di altro tipo contro l’umanità o crimini di guerra o crimini contro la pace è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Diventerà poi, nel nuovo codice penale entrato in vigore il 1° gennaio 2010, l’articolo 405. Questa formulazione – al pari di altre presenti nei codici penali di Paesi ex socialisti quali Lituania, Polonia, Slovacchia, Ungheria – lascia ampi margini di discrezionalità e di arbitrarietà all’autorità giudiziaria, che viene trasformata in autorità scientifica suprema, depositaria di una verità indiscutibile, dubitare della quale porta al carcere. Nei Paesi della “libera” UE torna il medievale Tribunale dell’Inquisizione.

La criminalizzazione dell’esperienza storica del comunismo ha potuto impiantarsi sulla nuova impostazione politico-giuridica di alcuni Paesi occidentali negli anni 90 – Francia (1990), Austria (1992) Germania (1994), Belgio (1995), Lussemburgo (1997) [3] – che ritennero di contrastare il negazionismo della Shoah attraverso il codice penale, nelle aule del tribunale invece che in quelle universitarie e nel dibattito pubblico. Una strada che buona parte della comunità dei ricercatori e degli storici criticò per i suoi prevedibili effetti perversi. Scriveva ad esempio Stefano Levi Della Torre che è “aberrante colpire per legge reati di opinione, anche perché ciò propone indirettamente che esista una verità ufficiale sancita per legge. La falsità per legge presuppone una verità per legge, e questa è un’idea familiare alle inquisizioni e ai totalitarismi, e ostica per la democrazia e per la ricerca scientifica. Colpire per legge anche una menzogna malintenzionata apre nel campo dei diritti costituzionali una breccia che non si sa dove vada a finire. Le opinioni e le teorie aberranti e malintenzionate vanno combattute sul terreno delle battaglie culturali, attivamente” [4].

Negli oltre trent’anni seguiti all’89, attraverso un martellamento mediatico ininterrotto e sempre più duro operato dai nazionalisti anticomunisti e antirussi dei paesi ex socialisti dell’Europa centro-orientale e dagli ideologi oltranzisti della NATO, si è imposta nella UE una nuova narrazione storica, che rovescia quella che – pur con tutte le asperità della guerra fredda – riconosceva il grande valore storico della coalizione alleata antinazista e l’apporto fondamentale e imprescindibile dell’Unione Sovietica alla vittoria contro il nazifascismo. Il suggello di questa nuova narrazione è stata la Risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre 2019 “Importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa” [5], che toglie qualsiasi valore all’alleanza internazionale antinazifascista per accomunare in una condanna senza appello Germania nazista e URSS, additati come corresponsabili (con qualche accento più pesante contro i russi) dello scoppio della II guerra mondiale e di tutti i lutti che ne seguirono, e indicando nelle liberaldemocrazie il faro e il destino dei popoli europei. Su questa base può così operare la nuova Inquisizione del XXI secolo, che mette in carcere chiunque sollevi anche un fondato dubbio sulla storia scritta e sancita dalle forze politiche al potere.

L’incriminazione e la condanna di Josef Skála e degli altri relatori al dibattito su Katyn del 2 luglio 2020 va al di là delle stesse maglie larghe e della grande discrezionalità (con facile slittamento nell’arbitrarietà) che la legislazione penale ceca consegna alle autorità di polizia e al giudice, come denuncia un gruppo di giuristi e avvocati democratici in un circostanziato documento, in cui si rileva che nel programma del 2 luglio 2020, non c’era il minimo eccesso emotivo o dichiarazioni che potessero insultare o umiliare qualcuno oggi, o minacciare i suoi diritti o i valori e le norme di una società democratica. La discussione radiofonica sul crimine di 80 anni fa ha offerto risultati pubblicamente disponibili di studiosi seri; nessuna delle argomentazioni avanzate era priva di una fonte documentabile. Pertanto, il programma era del tutto coerente con quanto la Costituzione ceca vigente e la Carta dei diritti e delle libertà fondamentali garantiscono alla libertà di espressione.

L’incriminazione e la condanna dei tre relatori stabilisce un precedente allarmante, è un ulteriore passo verso una UE sempre meno tollerante del dissenso, sempre più in contraddizione con quei principi di libertà che in modo altisonante proclama ad ogni piè sospinto.

La solidarietà con gli incriminati di Praga e l’impegno perché siano pienamente scagionati assume oggi il valore di una battaglia più generale nella UE per la difesa della libertà di espressione e di agibilità politica, contro la repressione.

Note:

[1] Una sintesi aggiornata si può leggere in Grover Furr,The Katyn Massacre: A Re-examination in the Light of Recent Evidence, in “Cultural Logic: Marxist Theory & Practice”,Volume 24 (2020), pp. 37-49, in https://ojs.library.ubc.ca/index.php/clogic/article/view/193976.

[2] Corsivo mio, AC.

[3] Cfr. Cajani, L. (2012). CriminalLawsonHistory:TheCaseoftheEuropeanUnion, “Historein”, 11, 19–48. https://doi.org/10.12681/historein.138.

[4] Cfr. 6 ragioni per non punire il negazionismo, 30 ottobre 2010, in http://www.hakeillah.com/5_10_01.htm. Si veda anche, tra gli altri, Contro il negazionismo, per la libertà della ricerca storica, firmato nel 2007 da centinaia di docenti universitari e studiosi, pubblicato in “Storicamente”, 2 (2006), https://storicamente.org/02negazionismo: “La strada della verità storica di Stato non ci sembra utile per contrastare fenomeni, molto spesso collegati a dichiarazioni negazioniste (e certamente pericolosi e gravi), di incitazione alla violenza, all’odio razziale, all’apologia di reati ripugnanti e offensivi per l’umanità […] È la società civile, attraverso una costante battaglia culturale, etica e politica, che può creare gli unici anticorpi capaci di estirpare o almeno ridimensionare ed emarginare le posizioni negazioniste. Che lo Stato aiuti la società civile, senza sostituirsi ad essa con una legge che rischia di essere inutile o, peggio, controproducente”.

[5] Si vedano in proposito, tra gli altri, gli articoli di Joao Arsenio Nunes e Enrico Maria Massucci in “MarxVentuno” n. 2-3/2021, pp. 241-262.

Fonte:
https://www.marx21.it/storia-teoria-e-scienza/no-alla-criminalizzazione-della-ricerca-storica-nella-ue-solidarieta-con-josef-skala-e-gli-studiosi-di-praga-incriminati-per-aver-sollevato-dubbi-sui-responsabili-del-massacro-di-katyn/

La polveriera balcanica

Sabato 28 gennaio 2023 alle ore 18.00 in Casa Rossa, via Privata Monte Lungo 2
Milano (MM1 Turro) e in diretta streaming

Per decenni la Jugoslavia è stata un esempio di convivenza pacifica, in cui hanno vissuto in armonia popoli di diversa cultura, storia e confessione: non si chiedeva a nessuno di quale etnia o nazionalità fosse.
In seguito alla disgregazione dell’Unione Sovietica e all’intervento delle potenze NATO nei Balcani negli anni '90, volto ad un allargamento ad Est dell’Alleanza Atlantica e a spezzare i legami storici tra la Russia ed i Paesi di questa regione, da allora i Balcani sono in uno stato permanente di tensione, anche a causa dell’approccio politico dell’imperialismo occidentale che agisce proprio sulle differenze etniche e religiose.

Alle ore 18.00 ne parleremo con Enrico Vigna del CIVG - Centro di Iniziative per la Verità e la Giustizia e profondo conoscitore dell’Est, con il quale è in corso da anni una costruttiva collaborazione. Proveremo a fare un quadro di tutta la regione, a cominciare dalle gravi tensioni che si stanno sviluppando in Kosovo e che rischiano di sfociare in una nuova guerra. Tratteremo inoltre della situazione attuale del conflitto in Ucraina, il quale ha profondi collegamenti con la questione balcanica.

Alle ore 20.00 circa, cena popolare di autofinanziamento, per la quale chiediamo di prenotare entro le ore 20.00 di giovedì 26 gennaio al numero 353-4351278 oppure alle mail lacasarossamilano@gmail.com o comitatocontrolaguerramilano@gmail.com
Ci ritroviamo sabato 28 gennaio alle ore 18.00 in Casa Rossa, via Privata Monte Lungo 2, Milano (MM1 Turro).
La Casa Rossa - Milano
Comitato Contro La Guerra Milano