«Non da oggi – scriveva Secchia - la stampa è un potente strumento di cui si serve la classe dominante per mantenere la sua dittatura. Il grande capitale non domina solo con le banche, i monopoli, il potere finanziario, il tribunale e la polizia, ma con i mezzi quasi illimitati della sua propaganda e della corruzione ideologica [...] Vi fu un’epoca, agli inizi dell’età moderna, fino alle rivoluzioni del secolo XVIII in cui, come ebbe a scrivere Lenin, la lotta per la libertà di stampa ebbe la sua grandezza perché era la parola d’ordine della democrazia progressiva in lotta contro le monarchie assolute, il feudalesimo e la Chiesa. Ma nella fase di decadenza del capitalismo la stampa conservatrice e reazionaria ha perduto ogni senso morale e ogni pudore. Il giornalismo al servizio dei gruppi imperialisti è una forma corrente di prostituzione. Il capitalismo in putrefazione ha bisogno per reggersi di mentire continuamente. La realtà lo accusa: dunque dev’essere falsificata. La fabbrica della menzogna è diventata arte, tecnica, norma di vita»

Ancora una volta il Teatro alla Scala nel mirino della russofobia

Per l'ennesima volta i funzionari esteri del governo ucraino, il quale agli inizi di ottobre ha approvato un decreto in cui si impedisce ogni possibilità di condurre negoziati di pace con la Russia, si avventurano in ingerenze che definire ridicole risulta eufemistico.
Una tra le caratteristiche di questa guerra, in cui ci hanno coinvolto, è proprio quella ideologica culturale. Nella città di Milano ricordiamo il grave atto del Sindaco Sala, avvenuto alla fine dello scorso febbraio, il quale pose un ultimatum nei confronti di Valery Gergiev, direttore d’orchestra del Teatro alla Scala per la rappresentazione della recita “La dama di picche” di Tchaikovsky, perché si dichiarasse contro il proprio Paese, la Russia [1]. Così come non possiamo dimenticare quando la rettrice dell’Università Bicocca, Giovanna Iannantuoni, cancellò il corso sulla vita di Dostoevsky [2].
Pretendere di bandire dalla nostra città e dal nostro Paese opere, libri e film non può che farci tornare alla mente i metodi da cui traggono ispirazione il cosiddetto Battaglione Azov ed i nostalgici del collaboratore delle SS naziste Stepan Bandera. Ricordiamo che nel nostro Paese esiste la Costituzione nata dalla Resistenza contro il nazifascismo, la quale nell’Art. 21 sancisce che “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto ed ogni mezzo di diffusione”.
Questo è quanto si apprende da un articolo di RaiNews pubblicato il 10 novembre 2022 [3]:
«Il rischio è di rilanciare la perniciosa propaganda russa, anche attraverso la messa in scena di un'opera teatrale ambientata nella Russia del 600, ai tempi di Ivan il terribile e scritta circa 150 anni fa. Sotto questo impulso il console ucraino a Milano Adrii Kartysh ha scritto al sovrintendente della Scala Dominique Meyer, al sindaco Giuseppe Sala e al presidente della Regione Attilio Fontana per chiedere loro di non aprire la stagione il prossimo 7 dicembre con un'opera russa, cioè Boris Godunov, e di "rivedere la programmazione" che include "spettacoli di musica russa" e il recital del soprano Anna Netrebko.»

La Casa Rossa

[1] Sull'ultimatum di Giuseppe Sala al direttore Valery Gergiev
[2] L'Italia con l'elmetto: in teatro, nelle università, nello sport e sui mezzi di comunicazione
[3] L'appello del console ucraino: la Scala non apra la stagione con l'opera russa, rischio propaganda