«Non da oggi – scriveva Secchia - la stampa è un potente strumento di cui si serve la classe dominante per mantenere la sua dittatura. Il grande capitale non domina solo con le banche, i monopoli, il potere finanziario, il tribunale e la polizia, ma con i mezzi quasi illimitati della sua propaganda e della corruzione ideologica [...] Vi fu un’epoca, agli inizi dell’età moderna, fino alle rivoluzioni del secolo XVIII in cui, come ebbe a scrivere Lenin, la lotta per la libertà di stampa ebbe la sua grandezza perché era la parola d’ordine della democrazia progressiva in lotta contro le monarchie assolute, il feudalesimo e la Chiesa. Ma nella fase di decadenza del capitalismo la stampa conservatrice e reazionaria ha perduto ogni senso morale e ogni pudore. Il giornalismo al servizio dei gruppi imperialisti è una forma corrente di prostituzione. Il capitalismo in putrefazione ha bisogno per reggersi di mentire continuamente. La realtà lo accusa: dunque dev’essere falsificata. La fabbrica della menzogna è diventata arte, tecnica, norma di vita»

Sul quotidiano nazionale il presidio antiviolenza di Milano; sabato 27, ore 14.30, piazza san Babila


«L’anomalia è tutta italiana. Da anni le piazze antiviolenza monopolizzate da un movimento, Non Una di Meno, che fatta salva la canonica lotta contro il femminicidio, propugna strambi obiettivi. Tipo la depenalizzazione dello sfruttamento di prostituzione e la regolarizzazione del cosiddetto “sex work” (alimentando la tratta, come è successo in Germania).


Un (trans)femminismo che sostiene le ragioni dei macrò, ragioni a cui la Corte Costituzionale ha rinnovato il suo “picche” nell’ambito del processo sulle “cene eleganti” a Giampaolo Tarantini, ribadendo che la prostituzione non è mai un atto libero.

Dopo anni di questo andazzo, in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne è quindi necessario tornare a ribadire ovvietà rivoluzionarie che Non Una di Meno sembra trascurare. Tipo: la prostituzione è stupro a pagamento. L’utero in affitto è violenza sulle donne e sui bambini. Comprare ovociti da ragazze povere è violenza. Gli ormoni per bloccare la pubertà di bambine-i “non conformi” e avviarli alla transizione -in Italia si fa- sono violenza. I corpi maschili negli sport femminili -senza alcun intervento medico, ha deciso il CIO- sono violenza. Gli uomini nelle carceri femminili -Uk, California, Washington, Canada, ecc- sono violenza.

È violenza chiedere alle donne di rinunciare a dirsi donne e nominarsi “corpi con vagina” (The Lancet) per essere più “inclusive”; considerare l’essere donna una “performance” aperta a tutti; ricorrere alla falsa scienza dell’alienazione parentale o PAS per togliere i figli alle madri nelle cause di affidamento; impedire l’insegnamento alle docenti critiche dell’identità di genere.

Sono alcuni temi della cospicua agenda per il presidio indetto dalla Rete per l’Inviolabilità del Corpo Femminile, che riunisce molti gruppi e associazioni. Sabato 27 novembre, 14.30, San Babila, Milano. E Milano è una piazza che conta.»

Fonte: https://www.facebook.com/marina.terragni/posts/10225360567616455

I compagni e gli amici di Casa Rossa vogliono esprimere il loro plauso alla manifestazione voluta da un femminismo più classico e quindi più rispettoso verso le donne.

Condividiamo l'appello di Marina Terragni. Siamo contenti che le ragioni delle donne tornino a farsi sentire più chiare, senza concessioni ed ambiguità, le quali fino ad oggi hanno contribuito solo ad alimentare una grande confusione sotto il cielo.