«Non da oggi – scriveva Secchia - la stampa è un potente strumento di cui si serve la classe dominante per mantenere la sua dittatura. Il grande capitale non domina solo con le banche, i monopoli, il potere finanziario, il tribunale e la polizia, ma con i mezzi quasi illimitati della sua propaganda e della corruzione ideologica [...] Vi fu un’epoca, agli inizi dell’età moderna, fino alle rivoluzioni del secolo XVIII in cui, come ebbe a scrivere Lenin, la lotta per la libertà di stampa ebbe la sua grandezza perché era la parola d’ordine della democrazia progressiva in lotta contro le monarchie assolute, il feudalesimo e la Chiesa. Ma nella fase di decadenza del capitalismo la stampa conservatrice e reazionaria ha perduto ogni senso morale e ogni pudore. Il giornalismo al servizio dei gruppi imperialisti è una forma corrente di prostituzione. Il capitalismo in putrefazione ha bisogno per reggersi di mentire continuamente. La realtà lo accusa: dunque dev’essere falsificata. La fabbrica della menzogna è diventata arte, tecnica, norma di vita»

Palestina: diritto di resistere o normalizzazione della ritorsione?



Da più parti, in seguito al'attacco di Hamas su Israele dello scorso 7 ottobre, si è posto subito l'accento sul fatto che una azione di questo tipo avrebbe giustificato l'imminente e terribile ritorsione di Israele sulla popolazione palestinese, la cui incolumità verrebbe quindi messa a repentaglio dalle decisioni irresponsabili della propria leadership.
Questo ragionamento è emerso anche dalle parole del presidente dell’ANPI sul palco della manifestazione tenuta a Roma il giorno dell'attacco.
Non una parola sul diritto di resistere all'occupazione con tutti i mezzi, comprese le armi, come sancito dal Diritto Internazionale, da parte di un popolo oppresso non da una situazione “deteriorata”, ma da oltre sette decenni di occupazione militare, dal furto delle terre e distruzione delle case, con assassinii e carcerazioni illegali, con l’occupazione di Gerusalemme Est luogo sacro per i fedeli mussulmani, con segregazione, apartheid e profanazione dei luoghi di culto, fino a costringere parte della popolazione palestinese in una enorme prigione “a cielo aperto”: il ghetto di Gaza, circondato da muri e filo spinato, il quale troppo ricorda quello nazista di Varsavia.
Ci domandiamo: quando i commando di Partigiani compivano i propri attacchi contro le strutture dell’esercito nazista di occupazione, ben coscienti che la ritorsione avrebbe causato 10 vittime di civili italiani per ogni soldato tedesco abbattuto, erano forse folli e irresponsabili?
Inoltre, se realmente si persegue l’obiettivo di una soluzione negoziale dei conflitti non si può partire dalla contrapposizione fra cattivi e buoni, ma bisogna dare pari dignità ai diritti e alle ragioni di entrambe le parti in conflitto. Questo vale per la guerra fra Israele e Palestina come per quella in Ucraina, dove sempre l'ANPI, condannando innanzitutto l’invasione russa e colpevolizzando solo una delle parti, ignorando il contesto e i gravissimi eventi che lo hanno preceduto, rischia di dare l'impressione di schierarsi con l’altra parte e perde forza la richiesta di risoluzione negoziata.

La Casa Rossa - Milano,
giovedì 12 ottobre 2023