«Non da oggi – scriveva Secchia - la stampa è un potente strumento di cui si serve la classe dominante per mantenere la sua dittatura. Il grande capitale non domina solo con le banche, i monopoli, il potere finanziario, il tribunale e la polizia, ma con i mezzi quasi illimitati della sua propaganda e della corruzione ideologica [...] Vi fu un’epoca, agli inizi dell’età moderna, fino alle rivoluzioni del secolo XVIII in cui, come ebbe a scrivere Lenin, la lotta per la libertà di stampa ebbe la sua grandezza perché era la parola d’ordine della democrazia progressiva in lotta contro le monarchie assolute, il feudalesimo e la Chiesa. Ma nella fase di decadenza del capitalismo la stampa conservatrice e reazionaria ha perduto ogni senso morale e ogni pudore. Il giornalismo al servizio dei gruppi imperialisti è una forma corrente di prostituzione. Il capitalismo in putrefazione ha bisogno per reggersi di mentire continuamente. La realtà lo accusa: dunque dev’essere falsificata. La fabbrica della menzogna è diventata arte, tecnica, norma di vita»

Cantare alla Patria, non contro di lei

Granma - 18 febbraio 2021

Da "La Bayamesa" di Céspedes, Castillo e Fornaris scritta nel 1851, fino a "Me dicen Cuba", in cui Alexander Abreu inserì, nel mezzo del suono mozzafiato, le note dell’"Himno de Bayamo", la Patria è stata cantata una, dieci, mille volte, nelle sue essenze più limpide e profonde. Perché un popolo con la musica nell’anima esprime il suo senso di appartenenza con l’arte che maggiormente lo rappresenta.
Il tentativo di corrompere le coscienze ed erodere il consenso, tramite operazioni come quella che da qualche ora ha cominciato a circolare da Miami (e da dove sennò), si schianterà contro questa tradizione che ancora oggi appartiene al nostro popolo.
Non ci sono intenti occulti. Il testo scommette senza sotterfugi sulla restaurazione del capitalismo e sul rovesciamento del potere rivoluzionario. Nel recensirne il lancio, elaborato dagli organi di comunicazione al servizio della sovversione, l’agenzia EFE ha sottolineato questi obiettivi: «la canzone è apertamente contraria al governo di Cuba e alle sue politiche».
Non ci sono ragionamenti, ma una sfilza di luoghi comuni legati alla dissertazione anti-cubana: una Cuba dittatoriale dove dominano la menzogna, la repressione, la tortura; una dittatura senza appoggio popolare («ormai siete di troppo, non vi rimane più nulla, state per cadere, il popolo non vi tollera più»).
Non c’è nemmeno un minimo barlume d’ingegno, né un pizzico di intelligenza nella cruda conversione dello slogan “Patria o Morte”, in “Patria e Vita”, che è il titolo di questa invettiva. Come se la difesa della vita, della libertà, della resistenza, non incarnino le parole d’ordine che ci accompagnano dai tempi dell’addio alle vittime del sabotaggio contro la nave La Coubre.
Non sorprende nemmeno l’accordo tra i protagonisti. Alcuni con un talento che è stato formato all’interno del nostro sistema d’istruzione, nonostante fama e talento non siano sinonimi, sono diventati famosi, hanno avuto un successo commerciale a Cuba spinti dalle tendenze della moda all'interno di quella frangia che è stata chiamata musica urbana.
Finché abbagliati dal desiderio di maggiori profitti, sedotti dal mondo dello spettacolo della Florida legato all'industria anti-cubana e non facendo i conti sulla capacità di resistenza dei propri connazionali ai brutali attacchi del trumpismo contro il nostro popolo, hanno fatto del falso moralismo evidenziando così la precarietà dei loro principi etici, se mai li abbiano avuti.
Quindi comodamente sistemati a Miami, hanno iniziato a strillare, ingiuriare, inveire ed a riscrivere le loro storie personali. Uno di loro ha cancellato dalla propria memoria i versi che cantava nel 2016: («Torno nella culla che mi ha visto nascere / Torno in quel quartiere che mi ha visto correre / cosa ero, cosa sono e sarò per la mia bella isola»); un altro, quasi a non lasciare dubbi sulla sua morale, ha negato di aver salutato il Presidente della Repubblica di Cuba ad un concerto («è stato un errore... avevo paura»), un terzo certamente incoraggiato da uno sballo allucinogeno, ha minacciato di venire a «tirare un machete» contro i governanti.
Quest'ultimo ha affinità con un ospite invitato per partecipare allo show: il criminale che a L'Avana ha chiesto a Trump «fuoco, fuoco e fuoco perché tutto questo finisca»; blocco ed invasione contro Cuba. Lo stesso fuoco che brucia una bandiera cubana nel video. Il fuoco della viltà con cui cercano nel testo di offuscare il ricordo di Martí e del Che. Il fuoco contro la Patria, contro la vita.
Sarà bene tenere nel cuore le parole scritte da Martí ad un compatriota nel 1886: «La Patria ha bisogno di sacrifici. È un altare e non un piedistallo. Si serve e non la si usa per servirsene». Facendola accompagnare da una colonna sonora che includa, tra gli altri motivi, la "Pequeña serenata diurna" di Silvio Rodríguez.

Traduzione a cura de La Casa Rossa

Fonte: http://www.granma.cu/cuba/2021-02-18/cantar-a-la-patria-no-contra-ella-18-02-2021-01-02-12 

- La Bayamesa: https://youtu.be/r35TAqiOpIs- Havana D´Primera
- Me Dicen Cuba: https://youtu.be/jBNgDYJjZP8