Da tempo si stanno
verificando casi per cui in alcuni Paesi membri dell'Unione Europea
si tenta di criminalizzare le idee politiche, in particolare quelle
che si ispirano al marxismo, equiparando nazismo e comunismo come
approvato in una Risoluzione Parlamento europeo nel settembre del
2019, così da impedire la libera espressione e l'attività politica
contro chi cerca di riportare la verità storica manipolata dalla
propaganda anticomunista. Ricordiamo che i comunisti sono stati in
prima fila nella lotta contro il nazifascismo e hanno dato il maggior
tributo di sangue per riportare la libertà, la pace e la democrazia
in quell'Europa che oggi così si comporta. Pertanto riteniamo
fondamentale aderire al seguente appello ed esprimere la nostra
solidarietà ai compagni dei Paesi in cui è in atto questa vera e
propria persecuzione politica, la quale rischia di essere prima
tollerata e poi imposta anche qui da noi. Ci rendiamo da subito
disponibili a unirci con coloro che vorranno opporsi a questa
deriva.
La Casa Rossa - Milano
Andrea Catone,
direttore della rivista “MarxVentuno” - 17 gennaio 2023
La storia in
tribunale. Il primo febbraio si svolgerà a Praga il processo contro
Josef Skála e gli studiosi di Praga incriminati per aver sollevato
dubbi sui responsabili del massacro di Katyn.
Il 31 ottobre 2022,
Tomáš Hübner, giudice unico del Tribunale distrettuale di Praga 7,
ha condannato a otto mesi di reclusione Josef Skála, noto
intellettuale marxista, ex vicepresidente del Partito comunista di
Boemia e Moravia (KSCM), insieme con Vladimír Kapal, e Juraj
Václavík, tutti e tre incriminati, in base all’articolo 405 del
Codice penale della Repubblica ceca, per aver messo in discussione la
versione che attribuisce alla dirigenza sovietica il massacro di
Katyn (l’uccisione di migliaia di prigionieri di guerra polacchi
sul territorio dell’URSS, occupato dalla Wehrmacht nell’estate
del 1941).
Due anni prima, il 2
luglio 2020, i tre avevano partecipato al forum di discussione
pubblica – organizzato, su richiesta degli ascoltatori, da
www.svobodne.radio.cz – sul massacro di Katyn, divenuto uno dei
principali argomenti della crociata antisovietica e anticomunista
delle forze politiche e sociali andate al potere nel 1989, la cui
versione dei fatti scarica sui sovietici premeditazione ed esecuzione
del crimine. Tale versione, sulla base dell’analisi dei documenti e
delle prove disponibili fino al 2020, è contestata da ricercatori e
studiosi di diversi Paesi, che l’hanno attribuita agli occupanti
nazisti [1].
Nel forum del 2
luglio 2020 J. Skála ha sottolineato che l’obiettivo era quello di
stimolare ulteriori discussioni senza alcuna affermazione dogmatica.
Né lui né gli altri relatori hanno negato o messo in dubbio il
massacro dei prigionieri polacchi, né tantomeno lo hanno avallato o
giustificato in alcun modo. Sono entrati esclusivamente in un
dibattito, che dura da oltre tre quarti di secolo, sull’attribuzione
delle responsabilità. La loro colpa è quella di essersi opposti
alla versione oggi spacciata come canone inviolabile, argomentando
con riferimento a fonti e documenti, compresi quelli emersi dagli
archivi nel periodo successivo al crollo dell’URSS. La trasmissione
ha avuto molti commenti positivi e non ha sollevato polemiche.
Il 18 marzo 2022 –
quasi due anni dopo – tutti e tre i partecipanti al forum sono
stati convocati dal Comando nazionale per la lotta alla criminalità
organizzata della Polizia della Repubblica Ceca per fornire
spiegazioni. Era la fase iniziale del procedimento penale, che ha
avuto il suo primo epilogo nella condanna a 8 mesi del 31 ottobre,
alla quale hanno fatto opposizione.
IL PROCESSO SI
SVOLGERÀ IL 1° FEBBRAIO 2023.
L’associazione
PRAK (Contro la repressione e la criminalizzazione) mette in luce
alcune “coincidenze” che rivelano l’uso politico strumentale
dell’articolo 405 del codice penale ceco. Un mese prima dell’inizio
del procedimento penale, Josef Skála aveva annunciato l’intenzione
di candidarsi alle elezioni presidenziali. L’incriminazione lo ha
ostacolato nella raccolta delle 50.000 firme necessarie alla
presentazione della candidatura. Inoltre, egli è tra i militanti più
attivi del movimento per la pace e contro la NATO, che ha partecipato
alle massicce manifestazioni autunnali a Praga e in altri centri del
Paese. Si ricorre al codice penale per colpire lui e il movimento
politico d’opposizione di cui è parte attiva, per inibirgli
l’agibilità politica.
Nel 2000, poco dopo
l’ingresso ufficiale di Ungheria, Polonia e Repubblica ceca nella
NATO (12 marzo 1999) venne approvata la Legge che introduceva nel
codice penale del 1961 l’art. 261a, che accomuna crimini nazisti e
comunisti:
Chiunque neghi,
metta in dubbio [2], approvi o tenti di giustificare pubblicamente il
genocidio nazista, comunista o di altro tipo o crimini nazisti,
comunisti o di altro tipo contro l’umanità o crimini di guerra o
crimini contro la pace è punito con la reclusione da sei mesi a tre
anni.
Diventerà poi, nel
nuovo codice penale entrato in vigore il 1° gennaio 2010, l’articolo
405. Questa formulazione – al pari di altre presenti nei codici
penali di Paesi ex socialisti quali Lituania, Polonia, Slovacchia,
Ungheria – lascia ampi margini di discrezionalità e di
arbitrarietà all’autorità giudiziaria, che viene trasformata in
autorità scientifica suprema, depositaria di una verità
indiscutibile, dubitare della quale porta al carcere. Nei Paesi della
“libera” UE torna il medievale Tribunale dell’Inquisizione.
La criminalizzazione
dell’esperienza storica del comunismo ha potuto impiantarsi sulla
nuova impostazione politico-giuridica di alcuni Paesi occidentali
negli anni 90 – Francia (1990), Austria (1992) Germania (1994),
Belgio (1995), Lussemburgo (1997) [3] – che ritennero di
contrastare il negazionismo della Shoah attraverso il codice penale,
nelle aule del tribunale invece che in quelle universitarie e nel
dibattito pubblico. Una strada che buona parte della comunità dei
ricercatori e degli storici criticò per i suoi prevedibili effetti
perversi. Scriveva ad esempio Stefano Levi Della Torre che è
“aberrante colpire per legge reati di opinione, anche perché ciò
propone indirettamente che esista una verità ufficiale sancita per
legge. La falsità per legge presuppone una verità per legge, e
questa è un’idea familiare alle inquisizioni e ai totalitarismi, e
ostica per la democrazia e per la ricerca scientifica. Colpire per
legge anche una menzogna malintenzionata apre nel campo dei diritti
costituzionali una breccia che non si sa dove vada a finire. Le
opinioni e le teorie aberranti e malintenzionate vanno combattute sul
terreno delle battaglie culturali, attivamente” [4].
Negli oltre
trent’anni seguiti all’89, attraverso un martellamento mediatico
ininterrotto e sempre più duro operato dai nazionalisti
anticomunisti e antirussi dei paesi ex socialisti dell’Europa
centro-orientale e dagli ideologi oltranzisti della NATO, si è
imposta nella UE una nuova narrazione storica, che rovescia quella
che – pur con tutte le asperità della guerra fredda –
riconosceva il grande valore storico della coalizione alleata
antinazista e l’apporto fondamentale e imprescindibile dell’Unione
Sovietica alla vittoria contro il nazifascismo. Il suggello di questa
nuova narrazione è stata la Risoluzione del Parlamento europeo del
19 settembre 2019 “Importanza della memoria europea per il futuro
dell’Europa” [5], che toglie qualsiasi valore all’alleanza
internazionale antinazifascista per accomunare in una condanna senza
appello Germania nazista e URSS, additati come corresponsabili (con
qualche accento più pesante contro i russi) dello scoppio della II
guerra mondiale e di tutti i lutti che ne seguirono, e indicando
nelle liberaldemocrazie il faro e il destino dei popoli europei. Su
questa base può così operare la nuova Inquisizione del XXI secolo,
che mette in carcere chiunque sollevi anche un fondato dubbio sulla
storia scritta e sancita dalle forze politiche al potere.
L’incriminazione e
la condanna di Josef Skála e degli altri relatori al dibattito su
Katyn del 2 luglio 2020 va al di là delle stesse maglie larghe e
della grande discrezionalità (con facile slittamento
nell’arbitrarietà) che la legislazione penale ceca consegna alle
autorità di polizia e al giudice, come denuncia un gruppo di
giuristi e avvocati democratici in un circostanziato documento, in
cui si rileva che nel programma del 2 luglio 2020, non c’era il
minimo eccesso emotivo o dichiarazioni che potessero insultare o
umiliare qualcuno oggi, o minacciare i suoi diritti o i valori e le
norme di una società democratica. La discussione radiofonica sul
crimine di 80 anni fa ha offerto risultati pubblicamente disponibili
di studiosi seri; nessuna delle argomentazioni avanzate era priva di
una fonte documentabile. Pertanto, il programma era del tutto
coerente con quanto la Costituzione ceca vigente e la Carta dei
diritti e delle libertà fondamentali garantiscono alla libertà di
espressione.
L’incriminazione e
la condanna dei tre relatori stabilisce un precedente allarmante, è
un ulteriore passo verso una UE sempre meno tollerante del dissenso,
sempre più in contraddizione con quei principi di libertà che in
modo altisonante proclama ad ogni piè sospinto.
La solidarietà con
gli incriminati di Praga e l’impegno perché siano pienamente
scagionati assume oggi il valore di una battaglia più generale nella
UE per la difesa della libertà di espressione e di agibilità
politica, contro la repressione.
Note:
[1] Una sintesi
aggiornata si può leggere in Grover Furr,The Katyn Massacre: A
Re-examination in the Light of Recent Evidence, in “Cultural Logic:
Marxist Theory & Practice”,Volume 24 (2020), pp. 37-49, in
https://ojs.library.ubc.ca/index.php/clogic/article/view/193976.
[2] Corsivo mio, AC.
[3] Cfr. Cajani, L.
(2012). CriminalLawsonHistory:TheCaseoftheEuropeanUnion,
“Historein”, 11, 19–48. https://doi.org/10.12681/historein.138.
[4] Cfr. 6 ragioni
per non punire il negazionismo, 30 ottobre 2010, in
http://www.hakeillah.com/5_10_01.htm. Si veda anche, tra gli altri,
Contro il negazionismo, per la libertà della ricerca storica,
firmato nel 2007 da centinaia di docenti universitari e studiosi,
pubblicato in “Storicamente”, 2 (2006),
https://storicamente.org/02negazionismo: “La strada della verità
storica di Stato non ci sembra utile per contrastare fenomeni, molto
spesso collegati a dichiarazioni negazioniste (e certamente
pericolosi e gravi), di incitazione alla violenza, all’odio
razziale, all’apologia di reati ripugnanti e offensivi per
l’umanità […] È la società civile, attraverso una costante
battaglia culturale, etica e politica, che può creare gli unici
anticorpi capaci di estirpare o almeno ridimensionare ed emarginare
le posizioni negazioniste. Che lo Stato aiuti la società civile,
senza sostituirsi ad essa con una legge che rischia di essere inutile
o, peggio, controproducente”.
[5] Si vedano in
proposito, tra gli altri, gli articoli di Joao Arsenio Nunes e Enrico
Maria Massucci in “MarxVentuno” n. 2-3/2021, pp. 241-262.
Fonte:
https://www.marx21.it/storia-teoria-e-scienza/no-alla-criminalizzazione-della-ricerca-storica-nella-ue-solidarieta-con-josef-skala-e-gli-studiosi-di-praga-incriminati-per-aver-sollevato-dubbi-sui-responsabili-del-massacro-di-katyn/